DoUtDes_2 ore 15:30 Museo Michetti Francavilla al Mare CON I PIEDI FORTEMENTE POGIATI SULLE NUVOLE – WITH HIS FEET RESTING HEAVILY ON CLOUDS Artisti: Burçak Bingöl | Enrico Pulsoni | H.H. Lim | Aslı Sinman Kutluay | Fabrizio Cotognini a cura di Antonello Tolve
Pensiero visivo che sorvola il luogo comune, che bypassa i sentieri paludosi di una società dell’uguale, l’arte è luogo di risveglio, sentiero la cui potenza evoca chiarezza, profondità, senso di appartenenza ad un’idea comportamentale altamente esposta al sogno delle potenzialità umane, dove la perennità di valori acquisiti nel passato si proiettano nel futuro con un potenziale che dice più di quanto esprime. Ad un uguale privo di fantasia l’arte risponde, da sempre, con l’impegno di rigenerare un percorso alternativo, di mortificare le ripetizioni aride del quotidiano e di pungere lo sguardo dello spettatore con lo spillo della creatività, di una atmosfera che condanna la sterile malizia, che spinge oltre i bordi della seduzione vuota e frivola, oltre ogni conciliazione o legittimazione con lo stato delle cose. L’arte risponde infatti a una esigenza che spazza via il disegno di una umanità totalmente condizionata e pianificata (Adorno) dalle oscenità della commercializzazione e asseconda il sogno di un risveglio costruttivo, portando l’uomo verso il recupero della propria coscienza, della propria individualità e la propria dimensione umana. Seguendo questo quadro critico, Con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole / With his feet resting heavily on Clouds propone l’atteggiamento di una squadra di artisti – Burçak Bingöl, H.H. Lim, Enrico Pulsoni, Aslı Sinman Kutluay e Fabrizio Cotognini – il cui modo di procedere è basato sulla meraviglia, sul desiderio di lottare contro la mancanza di entusiasmo, di appassionare lo spettatore per portarlo in un luogo ospitale, la cui ospitalità offre e garantisce anticorpi utili a leggere il mondo in cui sono costretti a vivere. Dopo un primo appuntamento denominato DO UT DES (appuntamento durante il quale cinque artisti sono stati invitati in una residenza settimanale a riflettere sull’Abruzzo, sui suoi luoghi e sulla sua storia), questo nuovo appuntamento mira a creare un secondo incontro estetico che unisce Italia, Cina e Turchia mediante una serie di sognatori inarrestabili – e «sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole» ha suggerito Ennio Flaiano nel suo Diario degli errori (1976) – che si svincolano dalla seduzione del male e mettono in campo una potente operazione archeologica, alla ricerca di quanto è sepolto e dimenticato dalla società dei consumi, per illuminare e foraggiare il senso della verità totale di un presente che offre problemi tutt’altro che risolti. (testo di Antonello Tolve)
DO UT DES 2014
Elena Bellantoni | Bianco-Valente | Devrim Kadirbeyoğlu | Luigi Pagliarini a cura di Antonello Tolve
Convento di San Patrignano / Comune di Collecorvino (PE) Opening | 5 novembre 2014
Per la mostra sono stati scelti artisti ai quali è stato chiesto di avviare un lavoro con il territorio, con i cittadini che diventano parte dell’opera, l’obiettivo di promuovere un dialogo alternativo tra arte e società.
L’arte ha il potere di risvegliare il cervello atrofizzato del mondo, ha il dovere sociale di leggere l’elettrocardiogramma (a volte impazzito) della realtà, ha la facoltà di rigenerare e modificare lo stato delle cose per riflettere sulla vita quotidianità, per creare cortocircuiti costruttivi, per edificare ponti immaginifici con discipline eterogenee e con differenti ambiti del lavoro umano. Di un lavoro che è, per l’artista, sul piano della teoria e della pratica, oggi come ieri del resto, misura critica, inchiesta ed esercizio di stile, lettura di un modello – il mondo della vita, appunto – in continuo divenire. L’arte ha, ancora, la possibilità di «dare sfogo alle angosce della propria epoca» ha suggerito Antonin Artaud (L’anarchie sociale de l’art). Di attraversare il presente e le presenze per trovare risposte, per formulare quesiti, per avanzare rotte di viaggio che rompono gli argini paludosi della realtà con lo scopo di costruire nuovi giardini d’utopia, nuove vie di fuga, nuovi scenari etici, estetici, politici.
Su queste traiettorie la mostra DO UT DES si pone come spazio colloquiale e conviviale, come terreno fertile per l’organizzazione di progetti plurali e di dialoghi internazionali necessari a stabilire raccordi e connessioni tra culture e pensieri di diversa estrazione e natura.
Partendo da una locuzione latina che indica, nell’ambito del diritto privato, un contratto di scambio (contratti sinallagmatici, a prestazioni corrispettive, che implicano uno scambio tra una cosa, o un servizio, e un corrispettivo più precisamente), DO UT DES – letteralmente io do affinché tu dia e, in senso traslato, scambiamoci queste cose in maniera ben definita – si pone come uno spazio d’azione, un territorio simposiaco che trasfigura una formula giuridica della tarda epoca romana in un contratto immaginifico il cui scopo è quello di insegnare l’arte, di avvicinare la cittadinanza ai procedimenti linguistici del contemporaneo, di invogliare al multiloquio, ad una necessaria polifonia etica, estetica, politica.
DO UT DES è, difatti, un progetto che, se da una parte muove – attraverso una permanenza settimanale nel territorio abruzzese – dal desiderio di creare rapporti di partecipazione tra l’arista e le varie energie dei luoghi d’accoglienza, dall’altra nasce dallo scambio orizzontale tra l’arte e la critica d’arte per rivalutare l’ipotesi di un dialogo felice, per concepire discussioni costruttive e altrettanto costruttive strutture contrattuali (una sorta di piacevole e armonico facio ut fàcias) alla cui base è possibile rintracciare un nucleo processuale che si conclude nell’opera. Un’opera che si pone, appunto, come luogo privilegiato di un resoconto colloquiale, di un racconto visivo, di un raccordo tra il pensiero dell’artista e tutti i vari attori incontrati, conosciuti, esplorati.
Con onestà e responsabilizzazione intellettuale, l’artista e il critico, assieme all’ambiente culturale e industriale del pescarese, strutturano dunque «un nesso di reciprocità» – o sinallagma [da σvυαλλαττω (synallatto), legare insieme] – attraverso il quale una parte «trasferisce un diritto da ad un’altra o si obbliga ad effettuare una prestazione a favore di questa, in quanto a sua volta l’altra parte effettua o si obbliga ad effettuare una controprestazione» Si tratta appunto di un lavoro di squadra, di una luminosa avventura che costruisce sinergie, punti di contatto, riflessioni, azioni, nuove avventure intellettuali.